Bonus prima casa coniugi in comunione di beni, le novità dalla Cassazione
Quando una coppia sposata acquista un immobile per destinarlo ad abitazione coniugale può usufruire del bonus prima casa e a dover rispettare i requisiti richiesti dalla legge sono entrambi i coniugi. Vediamo quanto spiegato dall’ordinanza n. 14326/18 del 5 giugno 2018 della Cassazione in merito ai requisiti per poter sfruttare l’agevolazione per coniugi sposati.
L’ordinanza della Cassazione ha chiarito come funziona il bonus prima casa se i beneficiari sono una coppia sposata e se l’immobile serve ad abitazione comune, ossia è destinato a tetto coniugale. Come sottolineato da La legge per tutti, la decisione va in senso opposto a quello che è stato l’orientamento della giurisprudenza sino ad oggi.
La Corte ha detto che i requisiti necessari all’acquisto del bonus devono essere presenti in capo ad entrambi i coniugi e non solo a uno dei due. Quindi, se uno dei due coniugi non rispetta le condizioni richieste, l’agevolazione fiscale salta.
Di conseguenza, entrambi i coniugi devono avere la residenza nel Comune ove si trova l’immobile da acquistare o ve la devono trasferire nei 18 mesi successivi; entrambi i coniugi non devono possedere altre case nello stesso Comune ove si trova quella da acquistare; entrambi i coniugi non devono avere, in tutta Italia, un’altra casa acquistata con il bonus prima casa, salvo venderla entro un anno.
Si tratta di dichiarazioni che devono essere riportate nell’atto pubblico di acquisto (il cosiddetto “rogito”) e che devono essere rilasciate sia dalla moglie che dal marito. Non è sufficiente che le dichiarazioni siano rilasciate da uno solo dei coniugi.
La Cassazione contraddice una opinione della giurisprudenza del tutto contraria, secondo cui non entrambi i coniugi devono avere i requisiti prescritti dalla legge per beneficiare dell’agevolazione “prima casa” quando comprano un’abitazione. In base alla precedente interpretazione della Cassazione, infatti, in caso di acquisto da parte di coniugi in comunione legale, l’agevolazione spetta anche se solo uno dei coniugi rispetta il requisito a patto che nel comune vi sia la residenza della famiglia; in altri casi è ritenuta sufficiente la residenza di un coniuge.
Viceversa, per gli Uffici dell’Agenzia delle Entrate, l’agevolazione compete nei limiti del 50%, cioè per il solo coniuge che possiede il requisito. La Cassazione ha quindi voluto conformarsi con quella che è la prassi degli uffici del fisco.
Fonte: idealista news del 18/06/2018